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Dei Sepolcri

A Ippolito Pindemonte


Deorum manium iura sancta sunto (*)

Duodecim Tabulae

metro: endecasillabi sciolti


	  All'ombra de' cipressi e dentro l'urne
	confortate di pianto è forse il sonno
	della morte men duro? Ove piú il Sole
	per me alla terra non fecondi questa
05       bella d'erbe famiglia e d'animali,
	e quando vaghe di lusinghe innanzi
	a me non danzeran l'ore future,
	né da te, dolce amico, udrò piú il verso
	e la mesta armonia che lo governa,
10      né piú nel cor mi parlerà lo spirto
	delle vergini Muse e dell'amore,
	unico spirto a mia vita raminga,
	qual fia ristoro a' dí perduti un sasso
	che distingua le mie dalle infinite
15      ossa che in terra e in mar semina morte?
16      Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
	ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve
	tutte cose l'obblío nella sua notte;
	e una forza operosa le affatica
20      di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe
	e l'estreme sembianze e le reliquie
        della terra e del ciel traveste il tempo.

23	  Ma perché pria del tempo a sé il mortale
	invidierà l'illusion che spento
25      pur lo sofferma al limitar di Dite?
	Non vive ei forse anche sotterra, quando
	gli sarà muta l'armonia del giorno,
	se può destarla con soavi cure
29      nella mente de' suoi? Celeste è questa
30      corrispondenza d'amorosi sensi,
31      celeste dote è negli umani; e spesso
	per lei si vive con l'amico estinto
	e l'estinto con noi, se pia la terra
	che lo raccolse infante e lo nutriva,
35      nel suo grembo materno ultimo asilo
	porgendo, sacre le reliquie renda
	dall'insultar de' nembi e dal profano
	piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
	e di fiori odorata arbore amica
40      le ceneri di molli ombre consoli.

41        Sol chi non lascia eredità d'affetti
42      poca gioia ha dell'urna; e se pur mira
	dopo l'esequie, errar vede il suo spirto
	fra 'l compianto de' templi acherontei,
45      o ricovrarsi sotto le grandi ale
	del perdono d'lddio: ma la sua polve
	lascia alle ortiche di deserta gleba
	ove né donna innamorata preghi,
	né passeggier solingo oda il sospiro
50      che dal tumulo a noi manda Natura.
51      Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
52      fuor de' guardi pietosi, e il nome a' morti
	contende. E senza tomba giace il tuo
	sacerdote, o Talia, che a te cantando
55      nel suo povero tetto educò un lauro
	con lungo amore, e t'appendea corone;
	e tu gli ornavi del tuo riso i canti
	che il lombardo pungean Sardanapalo,
	cui solo è dolce il muggito de' buoi
60      che dagli antri abduani e dal Ticino
	lo fan d'ozi beato e di vivande.
	O bella Musa, ove sei tu? Non sento
	spirar l'ambrosia, indizio del tuo nume,
	fra queste piante ov'io siedo e sospiro
65      il mio tetto materno. E tu venivi
	e sorridevi a lui sotto quel tiglio
	ch'or con dimesse frondi va fremendo
	perché non copre, o Dea, l'urna del vecchio       (Talia)  (Parini) 
	cui già di calma era cortese e d'ombre.
70      Forse tu fra plebei tumuli guardi
	vagolando, ove dorma il sacro capo
72      del tuo Parini? A lui non ombre pose 
	tra le sue mura la citta, lasciva
	d'evirati cantori allettatrice,
75      non pietra, non parola; e forse l'ossa
	col mozzo capo gl'insanguina il ladro
	chc lasciò sul patibolo i delitti.
	Senti raspar fra le macerie e i bronchi 
	la derelitta cagna ramingando
80      su le fosse e famelica ululando;                           
	e uscir del teschio, ove fuggia la luna,
	l'úpupa, e svolazzar su per le croci
	sparse per la funeria campagna
	e l'immonda accusar col luttuoso
85      singulto i rai di che son pie le stelle
	alle obblìate sepolture. Indarno
	sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade           (Parini)  (Talia) 
88      dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti
89      non sorge fiore, ove non sia d'umane
90      lodi onorato e d'amoroso pianto.

91	  Dal dí che nozze e tribunali ed are		(Vico)
	diero alle umane belve esser pietose
	di se stesse e d'altrui, toglieano i vivi
	all'etere maligno ed alle fere
95      i miserandi avanzi che Natura
	con veci eterne a sensi altri destina.
	Testimonianza a' fasti eran le tombe,
	ed are a' figli; e uscían quindi i responsi
	de' domestici Lari, e fu temuto
100     su la polve degli avi il giuramento:
	religion che con diversi riti
	le virtú patrie e la pietà congiunta
	tradussero per lungo ordine d'anni.
104     Non sempre i sassi sepolcrali a' templi
105     fean pavimento; né agl'incensi avvolto
	de' cadaveri il lezzo i supplicanti
	contaminò; né le città fur meste
	d'effigiati scheletri: le madri
	balzan ne' sonni esterrefatte, e tendono
110     nude le braccia su l'amato capo
	del lor caro lattante onde nol desti
	il gemer lungo di persona morta
	chiedente la venal prece agli eredi
	dal santuario. Ma cipressi e cedri
115     di puri effluvi i zefiri impregnando
	perenne verde protendean su l'urne              Tomba di Machiavelli
	per memoria perenne, e preziosi
	vasi accogliean le lagrime votive.
							   
	  Rapían gli amici una favilla al Sole
120     a illuminar la sotterranea notte,
	perché gli occhi dell'uom cercan morendo
	il Sole; e tutti l'ultimo sospiro
	mandano i petti alla fuggente luce.
	Le fontane versando acque lustrali
125     amaranti educavano e viole
	su la funebre zolla; e chi sedea
	a libar latte o a raccontar sue pene
	ai cari estinti, una fragranza intorno
	sentía qual d'aura de' beati Elisi.		(Campi Elisi)
130     Pietosa insania che fa cari gli orti
	de' suburbani avelli alle britanne
	vergini, dove le conduce amore
	della perduta madre, ove clementi
	pregaro i Geni del ritorno al prode                  (Nelson) 
135     cne tronca fe' la trionfata nave
	del maggior pino, e si scavò la bara.
137     Ma ove dorme il furor d'inclite gesta
	e sien ministri al vivere civile
	l'opulenza e il tremore, inutil pompa
140     e inaugurate immagini dell'Orco
	sorgon cippi e marmorei monumenti.
	Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo,
	decoro e mente al bello italo regno,
	nelle adulate reggie ha sepoltura
145     già vivo, e i stemmi unica laude. A noi
	morte apparecchi riposato albergo,
	ove una volta la fortuna cessi
	dalle vendette, e l'amistà raccolga
	non di tesori eredità, ma caldi
150     sensi e di liberal carme l'esempio.
						    tomba di     tomba di  
151       A egregie cose il forte animo accendono    Galileo    Michelangelo                        
	l'urne de' forti, o Pindemonte;  e bella
	e santa fanno al peregrin la terra
	che le ricetta. Io quando il monumento
155     vidi ove posa il corpo di quel grande                 (Machiavelli) 
	che temprando lo scettro a' regnatori                                                                                                  
	gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
	di che lagrime grondi e di che sangue;
	e l'arca di colui che nuovo Olimpo                   (Michelangelo)          
160     alzò in Roma a' Celesti; e di chi vide                  (Galileo)    
	sotto l'etereo padiglion rotarsi
	piú mondi, e il Sole irradiarli immoto,      
	onde all'Anglo che tanta ala vi stese                    (Newton) 
	sgombrò primo le vie del firmamento: 
165     - Te beata, gridai, per le felici               
	aure pregne di vita, e pe' lavacri
	che da' suoi gioghi a te versa Apennino!
	Lieta dell'aer tuo veste la Luna
	di luce limpidissima i tuoi colli
170     per vendemmia festanti, e le convalli
	popolate di case e d'oliveti
	mille di fiori al ciel mandano incensi:
	e tu prima, Firenze, udivi il carme                   Tomba di Dante
	che allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco,             (Dante) 
175     e tu i cari parenti e l'idioma
	désti a quel dolce di Calliope labbro                 (Petrarca)
	che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
	d'un velo candidissimo adornando,
	rendea nel grembo a Venere Celeste; 
180     ma piú beata che in un tempio accolte
	serbi l'itale glorie, uniche forse
	da che le mal vietate Alpi e l'alterna
	onnipotenza delle umane sorti
	armi e sostanze t' invadeano ed are
185     e patria e, tranne la memoria, tutto.
186     Che ove speme di gloria agli animosi
	intelletti rifulga ed all'Italia,
	quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi
	venne spesso Vittorio ad ispirarsi.                   (Alfieri)  
190     Irato a' patrii Numi, errava muto
	ove Arno è piú deserto, i campi e il cielo
	desioso mirando; e poi che nullo                        
	vivente aspetto gli molcea la cura,
	qui posava l'austero; e avea sul volto
195     il pallor della morte e la speranza.
	Con questi grandi abita eterno: e l'ossa
197     fremono amor di patria. Ah sí! da quella
	religiosa pace un Nume parla:
	e nutria contro a' Persi in Maratona
200     ove Atene sacrò tombe a' suoi prodi,
	la virtú greca e l'ira. Il navigante
	che veleggiò quel mar sotto l'Eubea,
	vedea per l'ampia oscurità scintille
	balenar d'elmi e di cozzanti brandi,
205     fumar le pire igneo vapor, corrusche        Basilica di Santa Croce                    
	d'armi ferree vedea larve guerriere           
	cercar la pugna; e all'orror de' notturni
	silenzi si spandea lungo ne' campi
	di falangi un tumulto e un suon di tube
210     e un incalzar di cavalli accorrenti
	scalpitanti su gli elmi a' moribondi,
	e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.	(Lachesi,Cloto e Atropo)
	
213       Felice te che il regno ampio de' venti,
	Ippolito, a' tuoi verdi anni correvi!
215     E se il piloto ti drizzò l'antenna
	oltre l'isole egèe, d'antichi fatti
	certo udisti suonar dell'Ellesponto
	i liti, e la marea mugghiar portando
219     alle prode retèe l'armi d'Achille		 (Achille)
220     sovra l'ossa d'Ajace: a' generosi		 (Aiace)
	giusta di glorie dispensiera è morte;
	né senno astuto né favor di regi
	all'Itaco le spoglie ardue serbava,		 (Ulisse)
	ché alla poppa raminga le ritolse
225     l'onda incitata dagl'inferni Dei.                (Nettuno) 

226       E me che i tempi ed il desio d'onore
	fan per diversa gente ir fuggitivo,
	me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
	del mortale pensiero animatrici.
230     Siedon custodi de' sepolcri, e quando
	il tempo con sue fredde ale vi spazza
	fin le rovine, le Pimplèe fan lieti                (Muse) 
	di lor canto i deserti, e l'armonia
	vince di mille secoli il silenzio.
235     Ed oggi nella Troade inseminata
	eterno splende a' peregrini un loco,
	eterno per la Ninfa a cui fu sposo                 (Elettra) 
	Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
	onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta
240     talami e il regno della giulia gente.
	Però che quando Elettra udí la Parca		   (Atropo)	
	che lei dalle vitali aure del giorno
	chiamava a' cori dell'Eliso, a Giove
	mandò il voto supremo: - E se, diceva,
245     a te fur care le mie chiome e il viso
	e le dolci vigilie, e non mi assente
	premio miglior la volontà de' fati,
	la morta amica almen guarda dal cielo
	onde d'Elettra tua resti la fama. -
250     Cosí orando moriva. E ne gemea
	l'Olimpio: e l'immortal capo accennando              (Giove) 
	piovea dai crini ambrosia su la Ninfa,               (Elettra) 
	e fe' sacro quel corpo e la sua tomba.
	Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto
255     cenere d'Ilo; ivi l'iliache donne
	sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
	da' lor mariti l'imminente fato;
	ivi Cassandra, allor che il Nume in petto	     (Cassandra)
	le fea parlar di Troia il dí mortale,
260     venne; e all'ombre cantò carme amoroso,
	e guidava i nepoti, e l'amoroso
	apprendeva lamento a' giovinetti.
	E dicea sospiranda: - Oh se mai d'Argo,
	ove al Tidíde e di Láerte al figlio            (Diomede)  (Ulisse) 
265     pascerete i cavalli, a voi permetta
	ritorno il cielo, invan la patria vostra
	cercherete! Le mura, opra di Febo,                  (Apollo) 
	sotto le lor reliquie fumeranno.
	Ma i Penati di Troia avranno stanza
270     in queste tombe; ché de' Numi è dono
	servar nelle miserie altero nome.
	E voi, palme e cipressi che le nuore
	piantan di Priamo, e crescerete ahi presto
	di vedovili lagrime innaffiati,
275     proteggete i miei padri: e chi la scure
	asterrà pio dalle devote frondi
	men si dorrà di consanguinei lutti,
	e santamente toccherà l'altare.
	Proteggete i miei padri. Un dí vedrete
280     mendico un cieco errar sotto le vostre                  (Omero) 
	antichissime ombre, e brancolando
	penetrar negli avelli, e abbracciar l'urne,
	e interrogarle. Gemeranno gli antri       
	secreti, e tutta narrerà la tomba
285     Ilio raso due volte e due risorto
	splendidamente su le mute vie
	per far piú bello l'ultimo trofeo
	ai fatati Pelídi. Il sacro vate,
	placando quelle afflitte alme col canto,
290     i prenci argivi eternerà per quante
	abbraccia terre il gran padre Oceàno.
	E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
	ove fia santo e lagrimato il sangue
	per la patria versato, e finché il Sole
295     risplenderà su le sciagure umane.