GIUSEPPE UNGARETTI
Parafrasi
Analisi
Collocata in ventiduesima posizione ne Il
porto sepolto, la poesia I
fiumi,
in strofe
di versi liberi,
è una delle più note di Ungaretti, che, come egli stesso dichiara,
trasfonde qui alcuni motivi essenziali della sua
poetica e della sua visione del mondo. La questione è spiegata dallo stesso
poeta, nel momento in cui prepara le Note per l’edizione definitiva delle proprie
opere: “[I fiumi] è il vero momento nel quale la mia poesia prende insieme a me
chiara coscienza di sé: l’esperienza poetica è l’esplorazione
d’un personale continente d’inferno, e l’atto poetico, nel compiersi,
provoca e libera, qualsiasi prezzo possa costare, il sentire che solo in poesia
si può cercare e trovare libertà”. In tal senso, I fiumi è utile per ricavare addirittura una
definizione ungarettiana della poesia: “La poesia è
scoperta della condizione
umana nella sua essenza, quella
d’essere un uomo d’oggi, ma anche un uomo favoloso [...]: nel suo gesto d’uomo,
il vero poeta sa che è prefigurato il gesto degli avi ignoti nel seguito di
secoli impossibile a risalire, oltre le origini del suo buio” 1.
Metro: versi
liberi.
Cotici il 16 agosto 1916 2
1.
1. Mi appoggio a quest’albero tranciato dalla guerra 2. abbandonato in questo avvallamento 3. che ha la malinconia 4. di un circo 5. vuoto 6. e guardo 7. il passaggio quieto 8. delle nuvole sulla luna 9. Stamattina mi sono disteso 10. in una tomba d’acqua 11. e ho dormito 12. un sonno eterno 13. L’Isonzo scorrendo 14. mi levigava 15. come un suo sasso 16. Mi sono 17. rialzato 18. e me ne sono andato 19. in bilico sul greto del fiume 20. sull’acqua 21. Mi sono coricato per riposarmi
Mi tengo a quest’albero mutilato 3
2.
abbandonato in questa dolina 4
3.
che ha il
languore
4.
di un circo
5.
prima o dopo lo spettacolo
6.
e guardo 5
7.
il passaggio quieto
8.
delle nuvole sulla luna
9.
Stamani mi sono disteso
10.
in un’urna 6 d’acqua
11.
e come una
reliquia
12.
ho riposato
13.
L’Isonzo 7 scorrendo
14.
mi levigava
15.
come un suo sasso
16.
Ho tirato su
17.
le mie quattro ossa
18.
e me ne sono andato
19.
come un acrobata 8
20.
sull’acqua
21.
Mi sono accoccolato
22.
22. vicino alla mia divisa 23. sporca di guerra 24. e come un nomade del deserto 25. mi sono chinato ad asciugarmi 26. al sole 27. Questo è l’Isonzo 28. e qui meglio che in ogni altro luogo 29. ho capito di essere 30. parte integrante 31. dell’universo 32. Il mio tormento 33. è quando 34. non mi sento 35. in armonia con il mondo 36. Ma quelle invisibili 37. mani del Destino 38. che mi bagnano 39. mi regalano 40. una rara 41. felicità 42. Ho ripercorso 43. i momenti principali 44. della mia vita 45. Questi sono 46. i miei fiumi 47. Questo è il Serchio 48. a cui hanno attinto 49. forse i duemila anni 50. dei miei avi che erano contadini 51. e mio padre e mia madre. 52. Questo è il Nilo, 53. che mi ha visto 54. nascere e crescere 55. e fremere d’inconsapevoli passioni 56. in enormi spazi 57. Questa è la Senna 58. e nelle sue acque torbide 59. mi sono immerso 60.
vicino ai miei panni
23.
sudici di guerra
24.
e come un beduino 9
25.
mi sono chinato a
ricevere
26.
il sole
27.
Questo è l’Isonzo
28.
e qui meglio
29.
mi sono riconosciuto
30.
una docile fibra 10
31.
dell’universo
32.
Il mio supplizio
33.
è quando
34.
non mi credo
35.
in armonia
36.
Ma quelle occulte
37.
mani 11
38.
che m’intridono
39.
mi regalano
40.
la rara
41.
felicità
42.
Ho ripassato
43.
le epoche 12
44.
della mia vita
45.
Questi sono
46.
i miei fiumi
47.
Questo è il Serchio 13
48.
al quale hanno attinto
49.
duemil’anni forse
50.
di gente mia campagnola
51.
e mio padre e mia madre.
52.
Questo è il Nilo
53.
che mi ha visto
54.
nascere e crescere
55.
e ardere d’inconsapevolezza 14
56.
nelle distese
pianure
57.
Questa è la Senna
58.
e in quel suo torbido 15
59.
mi sono rimescolato
60.
61. e sono maturato 62. Questi sono i miei fiumi 63. richiamati alla mente dall’Isonzo 64. Questa è la mia nostalgia 65. che da ognuno di questi fiumi 66. mi giunge nel cuore 67. ora che è notte 68. e la mia vita mi sembra 69. circondata dalle tenebre
e mi sono conosciuto
61.
Questi sono i miei fiumi
62.
contati nell’Isonzo
63.
Questa è la mia nostalgia
64.
che in ognuno
65.
mi traspare
66.
ora ch’è notte
67.
che la mia vita mi pare
68.
una corolla
69.
di tenebre 16
note
___________________________________________________________________
1 G.
Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di L. Piccioni, Milano, Mondadori, 1970, p. 505.
2 Cotici
(o, secondo la grafia slovena, Cotiči) è un'altura, su cui sorge pure un piccolo
borgo, presso San Michele del Carso, da cui il 19°
Reggimento italiano difese Gorizia dall’assedio
austriaco.
3 quest’albero
mutilato:
l’albero viene personificato attraverso l’uso
del verbo
"mutilare",
tipicamente attribuito ad essere umani, e richiama così in maniera il
campo semantico della guerra e della sofferenza, da cui il poeta
pare astrarsi in un istante di pace.
4 dolina: cavità caratteristica del paesaggio
carsico.
5 guardo: contemplando il cielo il poeta cerca un’astrazione dai dolori e dalle brutture della guerra,
recuperando la propria dignità di essere umano.
6 mi
sono disteso in un’urna: metafora che
porta con sé il
richiamo alla morte e alla tomba (dato
che l’urna è appunto un antico vaso cinerario) ma che allude pure - nell’accezione
ambivalente di
Ungaretti - al riposo e alla pace con cui si entra in comunicazione con la
propria identità più remota. La tomba e l’acqua rappresentano poi due chiari
segnali del ciclo
di vita e morte.
7 I quattro fiumi che
ricorrono nel ricordo del poeta compongono quasi una
cartina geografica (a
sud il Nilo, ad ovest il Serchio, a nord la Senna, a ovest appunto l’Isonzo) che
è anche una
carta d’identità del poeta (il Serchio come
fiume degli avi, il Nilo per
l’infanzia, la Senna per
la maturazione umana, l’Isonzoper il drammatico presente).
8 come un
acrobata: similitudine che, riprendendo
l’immagine del circo evocata al v. 4, sottolinea la
difficoltà di camminare sui sassi bagnati dal
fiume.
9 beduino: il termine rimanda all’infanzia del poeta, trascorsa in Egitto. Si
chiude con questra strofe la prima parte della poesia, dove il poeta descrive la situazione dalla quale è scaturita la sua adesione alla
vita; nei successivi, egli riporterà alla memoria tutti i fiumi
che, autobiograficamente, scorrono ora per lui nell’Isonzo.
10 una
docile fibra: è un passaggio fondamentale della
lirica, dato che è in questo momento di pace e di unione con il tutto che,
pur nella tragedia della guerra, Ungaretti scopre e riconosce l’intima
armoniache lo rende parte (“fibra”, appunto) dell’intero
universo.
11 occulte
mani:
per Ungaretti sono “le mani eterne che foggiano
assidue il destino di
ogni essere vivente” (G. Ungaretti, Vita
d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di L. Piccioni, Milano,
Mondadori, 1970, p. 524).
12 le
epoche della mia vita:
la sensazione di fusione con il tutto proietta il poeta come fuori
dal tempo, tanto che gli eventi della sua breve esistenza
(Ungaretti nel 1916 ha ventott’anni) diventano “epoche” storiche.
13 Il
Serchio è un fiume della Lucchesia, la pianura attorno
alla città di Lucca, di cui era originaria dellafamiglia
del poeta.
14 ardere
d’inconsapevolezza:
Ungaretti allude al fatto che durante gli anni
dell’adolescenza e della giovinezza in
Egitto (che Ungaretti lascia nel 1912) era mosso da passioni
che solo l’esperienza all’Isonzo gli ha permesso di decifrare compiutamente.
Si ribadisce così l’importanza de I
fiumiall’interno della poetica ungarettiana, e non solo de Il
porto sepolto.
15 torbido:
A Parigi Ungaretti
compie passi importanti per la propria formazione, entrando in contatto con i
principali esponenti delle avanguardie
artistico-letterarie del
periodo (da Apollinaire a Picasso,
daBreton a Marinetti,
da De Chirico ad
Amedeo Modigliani), ma vive anche il grande dolore
del suicidio dell’amico fraterno Moammed
Sceab.
16 una
corolla di tenebre:
la poesia si chiude su quest’immagine che allude alle tenebre
della guerrache, come in un fiore, si stringono attorno al
poeta, chiudendogli ogni prospettiva di futuro. A ciò corrisponde non a caso una sensazione di ricordo misto ad angoscia.
I fiumi è
una della poesie più celebri della raccolta L'allegria di
Ungaretti. In questo componimento il poeta sembra riassumere i temi della
raccolta: la fusione con il paesaggio,
il senso della memoria,
del ripercorrere la memoria filogenetica, ricapitolando la propria esistenza e
origine. Attraverso le immagini di quattro diversi fiumi Ungaretti ripercorre la
sua storia personale e famigliare: il Serchio, il Nilo, la Senna e infine l'Isonzo,
dove la fanteria italiana venne lanciata all'assalto per dodici volte dal
generale Cadorna. La tragedia della Prima
Guerra Mondiale,
tema centrale del Porto
sepolto e
de L'allegria,
sembra essere lo scenario teatrale della vicenda esistenziale del poeta. Ungaretti resiste come un "albero mutilato", unico
sopravvissuto di un paesaggio desolato e distrutto. In questa poesia non vengono
celebrati i sommersi, ma il poeta celebra se stesso, raccontando la
sua biografia. I
fiumi quindi
si presenta come un'autobiografia scandita
dalle immagini dei quattro fiumi, che sono un'immagine di
continuità, e preannunciano la
ricostruzione nella continuità della natura e della storia.
TESTO
È forse la
poesia più celebre e più riassuntiva de Il
porto sepolto e de L’Allegria.
È un
vero riassunto, nel senso che è come se ricapitolasse i
temi del libro che poi resteranno i temi di Ungaretti, il quale
cambierà radicalmente la sua cifra espressiva e musicale. Dal punto di vista
tematico, invece, i sensi profondi della sua poesia restano questi: il senso
di una fusione con il paesaggio, il senso
della memoria, il senso del ripercorrere una
memoria addirittura filogenetica,
cioè che risale il fiume delle generazioni, ricapitolando la memoria della
propria esistenza, addirittura nel fiume del paesaggio da cui provenivano i suoi
genitori: il Serchio della
gente campagnola di Toscana; poi naturalmente il Nilo
d’Egitto, Alessandria dove Ungaretti nasce: è la città del delta
del Nilo; la Senna
di Parigi: il torbido, il malessere esistenziale in cui
Ungaretti è cresciuto e ha conosciuto la sua vocazione letteraria; infinel’Isonzo:
il fiume tragico, il fiume di sangue del Carso, il fiume su cui per dodici
terribili battaglie i fanti italiani furono lanciati all’assalto del sadico
generale Cadorna contro le mitragliatrici austriache. Questa tragedia della
prima guerra mondiale è l’argomento de Il porto sepolto, ma è come se fosse lo
scenario teatrale della vicenda esistenziale del poeta.
Il poeta resiste nel paesaggio come un albero mutilato: una
“dolina”, cioè il paesaggio scavato e privo di vegetazione, completamente abraso
dalla particolare conformazione geologica del Carso, ma anche dalle ferite, dai
colpi inferti dalla guerra, dai bombardamenti,
dall’uso
dei gas, da tutte le
altre orribili tecnologie moderne che
in quel momento, per la prima volta, il popolo italiano e tutti i popoli europei
venivano a conoscere nel loro volto più terribile. Questo paesaggio lunare trova
un solo rappresentante, un solo sopravvissuto: l’albero mutilato. Rispetto alle
altre poesie, quelle più brevi della raccolta dedicate perlopiù ai compagni, ai
commilitoni morti, qui
Ungaretti non celebra i sommersi, bensì il salvato, cioè
fondamentalmente se
stesso, raccontando la sua biografia. Il compito del poeta per
Ungaretti è discrivere
una bella biografia e
i fiumi, nella loro brevità che è tipica anche della poesia di Ungaretti, sono
una vera e propria autobiografia scandita attraverso le immagini dei
fiumi. L’immagine del fiume è un’immagine topica della tradizione letteraria, in
particolare romantica, ancora una volta simbolista che Ungaretti sicuramente
conosceva, ma è anche un’immagine
naturale di continuità. Rispetto alla disgregazione, rispetto
alla musica interrotta, singhiozzante de L’Allegria,
questi fiumi preannunciano il
momento della ricomposizione; ricostruiscono il tessuto (la
“docile fibra dell’universo”, come la definisce Ungaretti) del soggetto nella
continuità con la natura e con la storia. Non si tratta solo della storia
familiare, di un individuo, ma anche della storia
di una comunità. Quell’italianità, quella patria che Ungaretti
non aveva conosciuto per nascita e che aveva vissuto come estraneità nel suo
periodo parigino, viene invece clamorosamente incontrata e celebrata nel momento
più difficile, più tragico, cioè il momento della guerra.
Per molti intellettuali e scrittori la guerra fu la
frantumazione dell’esistenza, la fine della propria vicenda di
poeti e di scrittori. Si pensi a un grandissimo poeta, Clemente
Rebora, che scrisse poesie, forse ancora più belle di Ungaretti,
sulla prima guerra mondiale, ma l’esperienza lo travolse, lo distrusse, lo
sconvolse a un punto tale che dovette smettere di scrivere, dovette interrompere
la sua vicenda di poeta. Al contrario, Ungaretti si celebra ed entra nella scena
della letteratura proprio in questo momento tragico, celebrando se stesso. C’è
un’altra celebre poesia de L’Allegria,
cioè Veglia, in cui contrappone
il suo destino di salvato con il destino del commilitone rimasto ucciso. Quel
destino di salvato di Ungaretti si celebra e si autocelebra nei fiumi attraverso
questa musica ormai quasi del tutto ricomposta. La metrica è ancora quella
tipica del primo Ungaretti: una
metrica di spezzature, di interruzioni e singhiozzi, ma già
prelude al momento della ricomposizione. Ungaretti tornerà finalmente in Italia,
diventerà cittadino italiano, si integrerà nel corpo mistico dell’identità
fascista e per un momento della sua vita penserà di aver incontrato il suo
popolo.